Anastasia nacque a Roma in una famiglia patrizia, probabilmente la gens Anicia; suo padre era senatore, sua madre cristiana. Secondo una tarda legenda, Anastasia ebbe come precettore Crisogono di Aquileia.

Si sposò ma il marito Publio si oppose alle sue attività caritative e la segregò in casa. Dopo la morte di Publio giunse a Sirmio (oggi Sremska Mitrovica) in Illiria, dove svolse la sua opera di impegno ad assistere i cristiani perseguitati, in modo particolare curando quelli in carcere. Scoperta la sua fede, fu processata, e avendo rifiutato di abiurare il cristianesimo, fu arsa viva, secondo la tradizione, il 25 dicembre 304, durante l'ultima persecuzione dei cristiani ad opera dell'imperatore Diocleziano.

Quando, sotto l'imperatore Teodosio I, il Cristianesimo divenne religione di stato, le fu dedicata una chiesa a Sirmio. La sua devozione si diffuse soprattutto nelle province romane orientali e le sue spoglie furono portate a Costantinopoli, e depositate nella basilica della Resurrezione (Anastasis).

In Italia il culto di Anastasia si sviluppò alla fine del V secolo, diffuso dai Goti e dai Longobardi, e nei secoli successivi in tutta Europa ad opera dei Benedettini. A lei e stata dedicata una chiesa a Verona e una basilica a Roma, cui è collegato un titolo cardinalizio.

È stata definita, in greco, Farmacolìtria (Guaritrice dai veleni), e in russo, Uzoreshìtel'nitza (Colei che libera dai vincoli), quindi, sia come protettrice dalle malattie che dagli inganni del Demonio. È stata anche innalzata al rango di "Grande Martire" ed inserita tra i quindici martiri nominati nel Canone eucaristico, cioè nella preghiera che il sacerdote (cattolico od ortodosso) recita durante il rito liturgico dell'Eucarestia.




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