È uno dei più illustri martiri dell'età moderna fra coloro che furono uccisi dagli ottomani durante il lungo dominio sulle popolazioni cristiane dei Balcani. Nel 1655, trovatosi a capo della Chiesa serba come patriarca di Pec, Gabriele dovette recarsi in Russia per raccogliere elemosine a vantaggio della propria Chiesa, e prese parte al grande sinodo del patriarcato russo tenutosi in quell'anno.
Durante la sua assenza, la sede venne occupata dall'usurpatore Massimo. Quando, al ritorno, Gabriele cercò di recuperarla, Massimo l'accusò dinanzi al gran visir di aver tramato a Mosca contro la Sublime Porta. Secondo la biografia, tale calunnia proveniva da un ebreo, che voleva vendicarsi della conversione al cristianesimo di alcuni suoi correligionari operata da Gabriele stesso.
Convocato a Brussa, in Asia Minore, sede del gran visir, Gabriele provò la propria innocenza. Nonostante ciò, dato che si trattava dell'accusa di un reato comportante la pena capitale, il visir gli propose di abbracciare l'islam per avere salva la vita. Al suo rifiuto, fu sottoposto a crudeli torture e, nell'impossibilità di ottenere quanto speravano, il 13 dicembre del 1659 fu giustiziato per impiccagione.
È commemorato per le Chiese Orientali nella data della morte e il 30 agosto.
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